La tana

Le conseguenze della scarsa cura nello scegliere i testimoni di nozze, James Sirius/Scorpius, Slash!

« Older   Newer »
  Share  
suni
view post Posted on 30/12/2011, 11:51




Una fesseria senza precedenti per il p0rn fest di Fiffi. Purtroppo come potete notare non sono in grado di scrivere una fanfic di una lunghezza contenuta o di non scrivere interminabili e inutili premesse al p0rn propriamente detto. È proprio un problema di graforrea acuta, non lo faccio mica apposta.
Passo rapida e veloce (…) ai ringraziamenti: un saluto speciale a Gandalf il Bianco, che è stato ingiustamente tirato in mezzo a questa boiata con una citazione dal film Il Ritorno del Re (LOTR): “Il respiro profondo prima del balzo”.
Grazie infinite inoltre a L i a r che ha letto in anteprima la storia e avallato il suo postaggio – quindi, per dire, prendetevela con lei. E Grazie anche a Irvine Welsh per la citazione finale.



Le conseguenze della scarsa cura nello scegliere
i testimoni di nozze



Quando Lorcan gli aveva annunciato la data delle nozze James ci era quasi rimasto secco.
Si era abituato da molto tempo al fatto che il suo migliore amico andasse a letto con la Nott e da un po’ meno tempo al fatto che la loro relazione fosse seria, e che il ragazzo Scamandro fosse davvero innamorato della Slytherin, ma non era certamente pronto ad assistere al loro matrimonio.
Non lo era, si ripeté cupamente per l’ennesima volta mentre varcava la soglia, tastandosi la tasca del mantello per controllare che l’anello fosse ancora lì e che nessun vortice spaziotemporale l’avesse risucchiato. In quel caso, verosimilmente, Lorcan l’avrebbe ucciso dandolo in pasto a una delle belve ignote di cui parlavano spesso Lysander e la loro madre.
C’erano già un certo numero d’invitati, sul posto. James sorrise all’indirizzo di un paio di compagni di Casa e strinse la mano di Rolf Scamandro, appena prima che Fred gli si scaraventasse addosso con una pacca violenta che, non fosse stata dettata dall’affetto, sarebbe potuto essere classificata sotto la voce “tentativo di aggressione”.
“Cugino!”lo salutò con entusiasmo. “Dimmi che hai una sigaretta con te! Ho scordato di comprarle e se mi allontano insospettirò mio padre,” esclamò, con una smorfia rassegnata.
James gli rivolse un sorriso distratto.
“Seriamente… Sei maggiorenne, non credo che zio George ti taglierà la testa,” gli fece notare, salutando con un gesto della mano Dominique e Hugo.
“Lui no… La narcotizzi tu Angelina?” rispose Fred con uno sguardo eloquente.
James ridacchiò vago, mentre individuava Lysander che sgranocchiava qualcosa in beata solitudine accanto al buffet. In teoria non era ancora il momento di mangiare, ma James sapeva che il suo amico non era tipo da badare alle consuetudini. Principalmente perché non le percepiva neanche.
“Andiamo da Sander… Sei arrivato da tanto?” aggiunse, tirando bonariamente il cugino attraverso la sala.
“Un buon quarto d’ora,” rispose Fred con uno sbuffo, “giusto in tempo per veder arrivare gli invitati della sposa. La delegazione di Slytherin è entrata in pompa magna dieci minuti fa,” lo informò scherzoso. “Noi comuni mortali ci siamo fatti da parte per lasciarli passare. Personalmente avevo male agli occhi, ehi Sander!”
James era abituato alla parlantina del cugino, cui lo legava una forte amicizia da quand’era nato e che insieme a Lorcan e Lysander considerava uno dei propri migliori amici. Anche quest’ultimo, tant’è, non sembrò toccato dalla brusca interruzione del soliloquio.
“Credo di aver voglia di vomitare,” annunciò placido con la sua espressione lunare.
“Te l’ho detto che facevano male agli occhi, Jim,” osservò Fred con intesa.
James scoppiò a ridere di gusto, poggiando la mano sulla schiena di Lysander.
“Su, andrà tutto bene. Vivian non è malaccio, vedrai,” affermò incoraggiante.
“Lo dici perché non è tuo fratello che la sposa,” lo rimbeccò Lysander con inusuale prontezza.
James storse le labbra.
“Ovviamente no. Mio fratello è troppo impegnato a sventolare in giro il suo genio insieme a Malfoy per combinare qualcosa di concreto,” osservò sbuffando.
“Oh, giusto,” esclamò Fred con un sussulto. “Diglielo tu, Sander,” continuò compiaciuto.
Il Ravenclaw non sembrò molto entusiasta.
“Devo proprio?” domandò vago.
“Ehi, amico, è del matrimonio di tuo fratello che parliamo, va bene, lo dico io,” riprese Fred senza nemmeno incamerare fiato. Sorrise con quella che a James sembrò una sinistra forma di sadismo.
L’Inghilterra intera pensava che Fred Weasley fosse uno dei giovani più divertenti in circolazione, una trottola di allegria e umorismo, il degno erede del suo defunto omonimo, ma James Potter lo conosceva per quel che era in realtà: un individuo pericolosissimo, forse letale. Dopotutto, lui e suo padre costruivano bombe. Bombe-scherzo, ma sempre bombe erano.
“Che cosa?” chiese sospettoso.
“Credevamo che la testimone di Vivian fosse Melyssa MacDougal, quella scema dell’ex Caposcuola,” gli ricordò Fred iniziando a raccontare allegramente. “C’eravamo sbagliati, e tra parentesi lo avremmo già saputo prima se tu ti fossi degnato di andare alla prova del matrimonio,” gli fece notare con una punta di rimprovero.
“Ehi,” lo interruppe James con foga. “L’avrei fatto, se Lorcan fosse stato così gentile da non fissarla il giorno della semifinale! Ero allo stadio a giocare, ricordi?”
“Sei una riserva,” gli fece notare Fred.
“Della squadra campione nazionale in carica!” sbottò James indignato.
“Non è questo il punto,” osservò Lysander col suo solito tono trasognato. “Il fatto è che Melyssa è una delle tre damigelle della sposa. Il testimone di Vivian è qualcun altro.”
James aggrottò la fronte nel comprendere che stava parlando al maschile, e fece balzare per la prima volta lo sguardo verso il drappello di giovani – e meno giovani – maghi che si radunavano in capannelli verso il fondo della sala, là dov’erano quasi tutti Slytherin. Con inquietudine, fece girellare gli occhi qua e là. Sapeva benissimo che il migliore amico di Vivian Nott era Scorpius Malfoy, il che rendeva tragicamente probabile che fosse di lui che stavano parlando. E questa era una pessima cosa.
La migliore amica di Scorpius Malfoy era Vivian Nott. Il suo migliore amico, invece, era Albus. James aveva avuto Malfoy in mezzo ai piedi per tutta l’adolescenza, e se non avevano mai fatto a botte o scatenato baruffe magiche era soltanto perché lo Slytherin era troppo beneducato e anche un bel po’ cacasotto. James non l’aveva mai sopportato per tutti gli anni scolastici, perfettamente ricambiato.
“No,” borbottò.
“Oooh, sì,” lo contraddisse Fred ridacchiando. “Il magnifico Hyperion, sìsìsì,” confermò annuendo.
“Oh santa Pluffa,” gemette James abbattuto. “Sarà una palla senza senso. Dovremo anche cenare allo stesso tavolo!” realizzò con un moto di desolazione.
“Ci sarò anch’io,” disse Lysander, che sembrava non cogliere il problema.
James valutò se schiaffeggiarlo, ma in fondo il suo amico aveva ragione: almeno sarebbero stati in due, considerando che Lorcan realisticamente sarebbe stato troppo preso dalla sua nuova mogliettina per realizzare quanto insoffribile fosse il di lei migliore amico al loro tavolo. Senza contare il resto, quel che Fred e Sander e il resto del mondo non sapevano e che rendeva Scorpius Malfoy una presenza ancor più spinosa.
“Ehi, vedo una mandria di gente con la testa rossa,” celiò Fred sventolando una mano. “Vado a vedere se zio Ron vuole un bicchiere,” aggiunse allontanandosi. “E c’è anche tua mamma, Sander.”
Entrambi i suoi amici s’incamminarono verso la delegazione del parentado tiziano, sicché James si ritrovò lì solo con la nuova notizia: lui e Malfoy erano i testimoni. Fantastico. Se già non era pronto prima per il matrimonio di Lorcan, figurarsi adesso.
Occhieggiò speranzoso l’angolo del tavolo dove troneggiavano i bicchieri e lo champagne. Un cameriere in livrea stava stappando alcune bottiglie, il che prometteva molto bene: James si avvicinò con fare vago, cacciandosi le mani in tasca. Non fece nemmeno in tempo ad aprire bocca che il cameriere spostò lo sguardo su di lui.
“Puddlemere United,” costatò con ammirazione genuina. “Champagne?”
James sorrise tra sé, sornione: a volte essere un giocatore di Quidditch era proprio un’ottima cosa.
“Sì, grazie,” rispose con fare cordiale.
Stava iniziando a bere, qualcun altro si avvicinava al buffet e quel cameriere – carino – stava facendogli domande straordinariamente pertinenti sul campionato, tra un servizio e l’altro, e James stava persino ipotizzando che forse ai matrimoni poteva davvero succedere che se incontrasse gente interessante, non era solo una leggenda metropolitana, quando qualcuno si schiarì la voce poco distante dal suo orecchio sinistro. James sospirò, riconoscendo perfettamente quel grattare di gola discreto, altezzoso e supponente – sì, davvero, lui si grattava la gola in quel modo. Era l’unico al mondo che ci riuscisse, probabilmente.
“Potter, Lorcan ha detto che ti vorrebbe vedere,” annunciò con la stessa placida superiorità una voce ugualmente scostante.
“E che fortuna che abbia mandato te a cercarmi,” osservò lui malevolo, voltandosi, “Malfoy.”
Scorpius, che già di solito vestiva impeccabilmente, quel giorno indossava un capo di alta sartoria che sembrava cucito direttamente su di lui. Aveva le braccia incrociate al petto e un’espressione di sufficienza.
“Non dirlo a me,” sentenziò grave scagliando un’occhiata di lato al cameriere. “Sa che è stato retrocesso a riserva per problemi di alcol?”
Il giovane sgranò gli occhi con sorpresa e socchiuse le labbra, confuso, facendo per rispondere.
“Non dovrebbe servirgli tutto quello champagne, e comunque,” Scorpius lo anticipò, sollevò il braccio con un gesto misurato e guardando l’ora, “il buffet doveva iniziare tra dieci minuti. Pen…”
“Vieni qua, tu!” intervenne James dopo un momento iniziale di sbigottimento, afferrandolo in malo modo per il gomito e strattonandolo via. “Sei diventato completamente merdoso o che?” sibilò mentre lo spingeva verso l’esterno del via vai d’invitati.
“Ma è vero,” ribatté Scorpius senza fare una piega. “E comunque, le scale sono di là e Lorcan è di sopra,” aggiunse con un breve cenno verso il corridoio laterale. James lo seguì torvo, sistemandosi il colletto con gesti bruschi.
“Che razza di lercio stronzetto,” sbottò dopo una decina di passi. “Non potevi farne a meno, immagino.”
Scorpius sospirò con noncuranza.
“Scusa, Potter. Non pensavo ci tenessi tanto a familiarizzare col cameriere,” replicò asciutto, senza nemmeno voltarsi indietro. “Che cliché, poi… Il cameriere,” aggiunse distrattamente.
“Meglio il culo di un cameriere di quelli di tutti gli stronzi rampolli snob della buona società, Malfoy,” replicò James con una ferocia ingiustificata.
Scorpius si voltò finalmente indietro, composto come sempre, con un accenno di sorriso sarcastico.
“A nome di tutti gli stronzi rampolli snob della buona società, permettimi di esprimerti la nostra gioia e il sollievo che ci dà questa notizia,” esclamò con fervore.
“Malfoy!” esclamò James perdendo le staffe. Lo prese di nuovo per il braccio e lo spintonò verso il muro, minaccioso. Era più alto, più grosso, più robusto e anche abbastanza incazzato. Tempo necessario a fargli perdere la calma: due minuti e sedici. Fissò Malfoy negli occhi con minaccia, ma come al solito non gli arrivò indietro né sfida, né inquietudine, né scherno. Lo sguardo grigio e trasparente di Scorpius era sempre identico da quando aveva undici anni e diceva soltanto, molto tranquillamente, non avrò mai paura di te.
La porta poco più in là scattò in quel momento, segnalando che stava per spalancarsi, e James mollò immediatamente Scorpius, ritraendosi, mentre lui si sistemava la manica. La testa bruna di Lorcan fece capolino con due occhi piuttosto terrorizzati.
“Ma dove… Jim!” esclamò con sollievo. “Eccoti, meno male.”
“Stavo arrivando. Malfoy mi è appena venuto a chiamare,” affermò lui con tono calmo.
Lorcan socchiuse le labbra, affannato, poi spostò gli occhi da lui a Scorpius e di nuovo su di lui. Aggrottò la fronte.
“No. Nonono. Vi prego,” esclamò con foga. “Siete riusciti a non pestarvi per dodici anni. Non fatelo oggi, voi non capite.” Prese un respiro rumoroso. “Vivian mi ucciderà, vi ucciderà. Ucciderà tutti. Sarà una strage, per Godric!” concluse drammaticamente.
“Lorcan…?” mormorò James. Era opinione comune che, dei due gemelli Scamandro, quello strano fosse Lysander. In quel momento non sembrava proprio.
Lo sposo prese un respiro profondo, chiuse gli occhi e parve iniziare un movimento di stretching, prima di imboccare nuovamente la porta.
“Devi aiutarmi. Le scarpe, e questa cosa non si vuole annodare al mio collo, e…”
“Divertiti, Potter,” si congedò Scorpius con un cenno secco. “E cerca di non essere ubriaco prima della cerimonia.”
“Guarda che ho smesso di bere,” replicò James, aspro.
Scorpius lo guardò senza cambiare espressione.
“E lo champagne?”
“Lo champagne è champagne,” affermò James, sintetizzando un pensiero più strutturato. “Ed era un solo bicchiere.”
“…E i miei capelli!” blaterava Lorcan. James non disse nient’altro, voltò le spalle e s’infilò nella stanza.
Ne riemerse venti minuti dopo, trascinandosi appresso un ventiquattrenne molto angosciato. Lorcan comunque era riuscito finalmente a vestirsi correttamente ed era pettinato e profumato, sicché lui aveva deciso che poteva muoversi e intrattenere gli invitati sino alla comparsa della sposa, al momento della cerimonia.
Quando arrivarono di sotto, scoprì che c’era molta, molta più gente di quando Malfoy l’aveva portato via e che la divisione tra gli invitati dello sposo e quelli della sposa non era più così netta. Intravide la sua amica e compagna di Casa Carrie che chiacchierava con Goyle, i suoi due fratelli che s’intrattenevano col sempre troppo presente Scorpius e Lysander che porgeva incautamente due calici a Malfoy padre e signora.
Tanto per aggrapparsi a qualcosa di stabile e sicuro, cercò nella folla la testa tanto simile alla sua. Gli bastò individuare il punto in cui era radunata la massima concentrazione di persone ed eccolo lì, in centro al capannello, il Ministro della Magia in tutta la sua gloria. James notò che aveva messo gli occhiali con la montatura in osso, quelli delle grandi occasioni. Ridacchiò tra sé incamminandosi verso Harry: quell’introverso ed eccentrico svitato di suo padre gli metteva allegria.
Non fece in tempo, purtroppo, a raggiungerlo. Albus gli stava facendo un cenno imperativo con la mano e due femtosecondi dopo Lily era appesa al suo avambraccio mentre gli scoccava un gran bacio sulla guancia.
“Ciao, fratello volante,” lo accolse con la melodia della sua voce morbida. Lily Luna, la sventola di famiglia.
“Ciao, sorella figosa,” rispose lui con un sorriso, stando al gioco. “Non è un po’ corta quella gonna, Lily cara?” s’informò, lasciandosi trascinare con riluttanza verso Albus e Malfoy.
“Sì, e i tuoi pantaloni fanno a pugni col resto dei vestiti,” replicò lei senza battere ciglio. “Al, perché non l’hai vestito tu?” aggiunse sospirando.
Il fratello mezzano si sistemò gli occhiali sul naso, placido.
“Perché ha detto, cito testualmente, ho quasi venticinque anni, mi gestisco da solo,” rispose senza scomporsi. Dalla gola di Scorpius giunse un suono soffocato.
“Hai detto qualche cosa?” sbottò James al suo indirizzo.
“Assolutamente no.”
“Ma seriamente, James, blu scuro e nero? Davvero?” riprese Albus arcuando un sopracciglio.
“Dev’essere per mimetizzarsi con la livrea dei camerieri,” intervenne Scorpius con tono vago. “Che sono, pare, molto simpatici.”
“Puoi giurarci,” ringhiò James, con un sorriso omicida la cui pericolosità non sfuggì allo sguardo acuto di Albus.
“Forse potremmo bere qualcosa,” ipotizzò questi, solerte. “Champagne, champagne, champagne?” chiese indicando se stesso, la sorella e l’amico. “Cosa ti porto, il solito succo di zucca con sciroppo di mela?” aggiunse all’indirizzo del maggiore. James annuì spiccio, mentre lui si allontanava.
“Succo di zucca..?” mormorò Scorpius.
“Jimmy ha quasi completamente smesso di bere,” annunciò Lily con orgoglio. “Anche se Fred mi ha detto che hai preso uno champagne,” lo ammonì con un sorriso scherzoso, prima di scoccargli un altro bacio sulla guancia. Era molto fiera del fratello: quando la sua carriera sportiva aveva decollato James, come molti, aveva sbandato verso i lussi e gli eccessi, e per un bel periodo aveva esagerato con le bevute, le serate e gli sperperi. Dopo uno stop di sei mesi e una retrocessione a riserva della squadra, però, era ritornato rapidamente con i piedi per terra.
“Mi stai sputando tutto, Lil,” protestò pulendosi il viso con la manica, senza guardare il terzo interlocutore. “E Fred la deve piantare di spiarmi, o alla fine vedrà cose che non gli piaceranno per niente,” aggiunse sbuffando.
“Tutti i maschi in questa stanza vorrebbero che io sputassi le loro guance,” modulò Lily fingendosi scandalizzata. “E… Oh, Roxy e Domi! Ragazzi, arrivo subito, e guarda lei che bel vestito…”
La sua testolina tiziana schizzò tra gli invitati mentre si scaraventava sgambettando verso le cugine, riuscendo comunque a sembrare soave. James si trattenne volutamente nell’osservarla.
“Quindi è vero…” commentò infine Scorpius a voce bassa.
“Sono un giocatore di Quidditch,” borbottò James, con le mani nuovamente immerse nelle tasche. “Devo pensare alla mia forma fisica.”
“Sono sorpreso,” ammise Scorpius pacatamente.
“Se non altro mi rimane il merito di aver sorpreso un genio,” replicò James con ostilità malcelata.
Scorpius Hyperion Malfoy, ventitre anni, Pozionista Emerito dell’accademia nazionale, nuovo segretario del Wizengamot. Una delle menti più brillanti d’Inghilterra. James aveva voglia di spaccargli la faccia, un giorno o l’altro.
“No, sul serio,” lo contraddisse Scorpius seriamente. “Mi fa davvero piacere per te.”
James si voltò a guardarlo con espressione piena di scetticismo, ma dovette distogliere velocemente lo sguardo dai suoi occhi chiari e limpidi. Ecco, quella era la cosa più odiosa di Scorpius, il modo in cui annullava in un secondo tutte le barricate e lasciava solo trasparenza; diventava facilissimo leggergli dentro nello stesso modo in cui Scorpius leggeva in James, e in quel momento Malfoy era contento davvero. Sembrava dirlo persino il ciuffo ribelle e biondissimo che gli dondolava sulla fronte pallida.
“Risparmiati l’accondiscendenza, Sgorbius,” rispose lui brusco. “Non ce n’è proprio bisogno.”
Scorpius diede uno sbuffo.
“La testardaggine rimane la stessa, vedo,” costatò con una scrollata di spalle, individuando la sagoma di Albus che ritornava verso di loro esattamente nello stesso istante in cui la scorgeva James. “Ma sono davvero…”
“Oh, Merlino, piantala!” sbottò James stizzito. “Non mi servono le tue congratulazioni, d’accordo? Non m’interessa cosa ne pensi tu. È una cosa che riguarda me, che faccio per me e che non richiede l’approvazione del primo venuto,” concluse tagliente. “Con permesso, Malfoy,” ragliò infine, voltandosi e marciando via. Si curò di passare accanto ad Albus e strappargli via il succo di zucca prima di farsi largo con un sorriso forzato. Aveva già svuotato il bicchiere prima di aver raggiunto la porta e s’infilò nei bagni degli uomini con un sospiro rumoroso, sorprendendosi nell’udirne in contemporanea un altro che proveniva dall’interno. Sorrise, poi, nel vedere suo padre davanti a un lavandino, mentre si guardava sconsolato nello specchio.
“Papà,” esordì sorpreso.
“James,” rispose Harry con un sorriso comprensivo. “Ti stai nascondendo nel bagno?” domandò con intesa.
Lui annuì senza esitare.
“Anche tu?” chiese, andando ad aprire il getto d’acqua per sciacquarsi il viso. Poi ci pensò un po’ su e si passò rapidamente le mani umide sulle ciocche dritte sopra la sua fronte. Harry bagnò le proprie e le fece scorrere dietro la testa di James, cercando di dare una forma a quella massa intricata.
“Questi capelli…” borbottò.
James scoppiò a ridere.
“Ehi, è colpa tua se sono conciato così,” osservò ilare.
Suo padre, forte della carica importante, aveva optato qualche anno prima per un taglio di capelli molto corto, che gli sottraeva un po’ del fascino del personaggio, ma gli dava in compenso maggior credibilità. James si accorse di come le tempie di suo padre si stessero velocemente ingrigendo e la sua risata divenne un sorriso affettuoso.
“Signor Ministro, credo dovrebbe tornare tra i suoi concittadini, anziché restare nel bagno col suo figlio maggiore,” gli fece notare.
Harry sospirò tra sé.
“Mi ha sempre tranquillizzato, stare nei bagni. A Hogwarts… Beh, certo c’era il problema Mirtilla ma…” rammentò, con un sorriso.
James ridacchiò piano mentre suo padre gli dava una leggera pacca e poi imboccava la porta volgendogli un ultimo sorriso. Lo sentì iniziare immediatamente una conversazione cordiale con qualcuno e poi l’uscio si spalancò nuovamente. Il sorriso di James si cristallizzò per trasformarsi in una smorfia.
“Mi stai pedinando.”
“Questo è un paese libero.”
Scorpius sfoggiava un’espressione distratta e noncurante mentre entrava e si fermava a sua volta lì accanto, davanti allo specchio. Si gettò una rapida occhiata e arricciò il naso scorgendo il ciuffetto insurrezionalista che spiccava sulla sua fronte.
“Mi stai pedinando,” ripeté James.
“Potrei non essere qui per un’improvvisa incontinenza urinaria,” ammise Scorpius senza interesse, tornando a guardare lui. “Sei il fratello del mio migliore amico e Vivian sta per sposare Scamandro. Potrebbe infastidirmi l’idea che non ci è possibile rimanere per più di dieci secondi nello stesso posto senza che qualcuno s’innervosisca,” aggiunse con fare logico. “E quel qualcuno, di solito, sei tu,” precisò senza acredine.
“Molto ragionevole, ammirevole, generoso… Stronzate,” commentò James telegrafico.
Scorpius diede un sospiro leggero.
“Davvero?” chiese, condiscendente.
“Davvero, perché negli ultimi due anni non te n’è fregato un cazzo delle stesse cose, di Albus, di Vivian o di chiunque altro. Mi hai continuato a trattare come un povero stronzo nonostante il problema rappresentato da queste persone,” ribatté James, sarcastico. “Mi sta benissimo ed è ricambiato.”
Scorpius lo guardò con espressione attenta. La stessa espressione, probabilmente, che gli tributavano esperti di Pozioni vent’anni più vecchi di lui. Socchiuse le labbra facendo per parlare, ma in quel momento la porta d’entrata si aprì di nuovo. Sia James, intento a lavarsi le mani, sia un sempre controllatissimo Scorpius che iniziò a battagliare col ciuffo salutarono brevemente il conoscente, aspettarono che fosse entrato in una toilette e che poi ne riuscisse poco dopo, trovando l’uno che si asciugava le mani, l’altro sulla soglia del cubicolo adiacente.
Attesero che fosse sparito prima di mollare l’uno la salvietta e l’altro lo stipite della porta.
“Quindi, arriviamo alle logiche deduzioni..?” esortò blando Scorpius.
“Forse è che vuoi qualcosa da me, adesso,” affermò James schietto, senza far caso al modo in cui d’improvviso gli si stringeva la mascella o gli ronzavano piano le orecchie.
Gli occhi di Scorpius si spalancarono scettici.
“Ma davvero! Per esempio?” domandò curioso.
James strinse le labbra, irritato.
“Lo sai benissimo.”
Scorpius storse le labbra con fare divertito e scrollò appena le spalle.
“Sicuro che hai bevuto solo un bicchiere?” domandò ironico, dandogli le spalle per infilarsi nella toilette. “Sarà il caso che torni di là, sei sparito da un secolo,” aggiunse lapidario, facendo per chiudersi la porta alle spalle.
La mano di James bloccò l’uscio sottile prima che potesse chiudersi completamente, poi il suo piede sgusciò a fermarlo del tutto.
“La vigliaccheria è nata Slytherin,” osservò senz’ombra d’ilarità.
“…Abbiamo generosamente lasciato a voi la demenza,” convenne Scorpius dall’interno. “Levati, Potter.”
“Perché non lo ammetti e basta?” replicò James senza badargli. Si appoggiò alla porta e la spinse verso l’interno, per entrare.
“James , specie di cianobatterio!” sbottò Scorpius opponendo resistenza. “Guarda che ti Schiant…!”
Non finì la frase perché il Gryffindor, consapevole che se qualcun altro fosse entrato in quel momento lui avrebbe avuto seri problemi a spiegare la situazione, aveva estratto la bacchetta, spalancato la porta ed era entrato per poi bloccarla con un Colloportus. Scorpius lo guardò eseguire quella serie di operazioni con flemma perfetta e l’espressione di chi osserva un ritardato.
“Silencio,” mormorò poi James, insonorizzando il cubicolo.
“Hai quasi finito?” s’informò Scorpius spazientito. “Sai, avrei una certa premura di Schiantarti ma mi scoccia farlo finché non ho capito cosa stai…”
“Dillo e basta,” intimò James spingendolo contro la parete. Nemmeno in quel momento Scorpius gli diede la soddisfazione di sembrare intimidito. “Dillo, che cosa vuoi.”
“Uscire dal cesso,” scandì Scorpius con voce ferma. Quella però si spezzò in un sussulto di sorpresa un istante dopo, quando la mano di James raggiunse sfacciatamente la cintola dei suoi pantaloni e li abbassò senza tante cerimonie.
“Che cosa staio?” annaspò Scorpius cercando di divincolarsi per recuperare l’indumento, ma non ebbe tempo a dire né fare nient’altro, perché James si era abbassato fino all’altezza del suo cavallo e aveva schiuso le labbra intorno al suo sesso. Mentre lo accoglieva in bocca con un movimento unico, si prese la soddisfazione di sentire la frase dello Slytherin interrompersi in un brusco gemito inarticolato.
Dapprincipio il corpo di Scorpius rimase rigido di rifiuto, ma al terzo movimento della testa di James sulla sua erezione sempre più vigorosa Scorpius si fece sfuggire a un sospiro liquido e lasciò scivolare meccanicamente la mano da qualche parte sulla sua spalla e poi tra i capelli. James cercò di spostare lo sguardo verso l’alto senza smettere di succhiare il suo sesso e leccarne l’estremità. Intravide la testa di Scorpius che si reclinava indietro e poi sentì i suoi muscoli che si rilasciavano con un fremito, il peso che cedeva e i talloni che andavano a sostenerlo puntandosi a terra. Allora James smise di far caso al resto.
Si concentrò unicamente sull’intensità dei sospiri di Scorpius secondo la successione dei suoi movimenti, il modo in cui gli si strozzava bruscamente la voce in gola quando faceva scorrere d’un colpo le labbra su tutta la sua lunghezza, il sussulto quando suggeva più forte, il suo odore ritrovato nella memoria, le dita che si stringevano sulle sue ciocche di capelli nel momento in cui lui portò su la mano per andare a stimolare i suoi testicoli – a Scorpius cedette un ginocchio, andò leggermente giù di lato e di conseguenza gli strattonò forte la testa, tirandogli i capelli: James emise un gemito di dolore e gli pizzicò la coscia, Scorpius ridacchiò beota ma niente di tutto ciò bastò a distrarli.
Quando la mano di James scivolò ancor più indietro e le sue dita si arrampicarono a stuzzicare la fessura tra le natiche di Scorpius, questi diede un lamento leggero, denso, e si lasciò scivolare lungo il muro. Fu sufficientemente improvviso da far sì che James non avesse tempo in nessun modo di opporsi, ma se lo ritrovasse grossomodo davanti, faccia a faccia, giusto un attimo prima di realizzare che Scorpius lo stava baciando, o forse era stato lui – James non lo sapeva più molto bene. Si bevve il suo respiro e la sua saliva, aspirò le sue labbra e le invase con le proprie, mordicchiò pensando che poteva quasi comprendere il cannibalismo, alla fine. E poi respirò.
Era seduto sul pavimento di un cesso, con Scorpius Malfoy congestionato, a pantaloni calati, che gli respirava sul viso e lo guardava mezzo tramortito, respirando forte. James dovette per forza stringere la mano dietro il suo collo, sulla nuca, affondare le dita per sentire la sua pelle.
“Smesso?” chiese Scorpius scivolando su di lui. James si lasciò spingere gentilmente indietro, contro la parete, e lasciò che l’altro gli salisse cavalcioni.
“L’ha detto pure Lily,” rispose roco, tornando con la mano a cercare il suo sesso. Scorpius emise un respiro più forte contro il suo orecchio e James socchiuse gli occhi cercando di prendere fiato. Schiacciò la bocca semiaperta contro la sua tempia, annusando alla cieca.
“Quindi…hai smesso anche di andare in giro sbronzo a scoparti qualunque essere vivente o inanimato ti si pari davanti?” insistette Scorpius, con quelle dita bianche e sottili che andavano finalmente a strattonargli via gli abiti. Ecco il punto.
“Non ricordo di aver mai scopato con esseri inanimati,” osservò James vacuo, senza quasi badargli. Chiuse gli occhi con un sorriso nel momento in cui le mani di Scorpius si avvolgevano intorno ai suoi fianchi e alla sua vita: non era massiccio né eccessivamente muscoloso – era un Cacciatore di Quidditch, non un pugile – ma era comunque sottoposto ad allenamenti costanti e sapeva che il suo fisico asciutto e definito, con gli addominali ben percepibili e la consistenza solida, esercitava un certo fascino su Scorpius.
“Michael Lemmings non si può definire una creatura senziente,” osservò Scorpius secco.
James ridacchiò piano e gli prese il viso con la mano per voltarlo verso di sé, catturando la sua bocca contro la propria. Scorpius insinuò le dita oltre la vita dei suoi pantaloni e la biancheria, sfiorò appena la punta della sua erezione prima che la posizione lo costringesse a ritrarsi per potervi chiudere intorno tutta la mano. James respirò forte e si sentì fin nelle budella una bestia che stava là da due anni, giorno dopo giorno, tutti lì nelle sue vene, i minuti di impossibilità ad avere quello che stava avendo ora. Strinse il polso di Scorpius per farlo muovere più velocemente sul suo sesso, strinse il suo torace per sentirlo contro di sé e poi, perché non bastava – non bastava mai – lo spintonò sul pavimento e si ribaltò su di lui andando incontro al suo bacino. Il contatto della sua pelle nuda con quella tiepida di Scorpius gli spezzò il fiato.
“La test…” biascicò Scorpius, che per lo spintone aveva tirato una craniata al muro non indifferente.
“Ops,” esalò James con un riso inceppato e, mentre lui strisciava via dalla parete, gli fece scorrere il braccio sulle spalle, sotto la testa, e si strinse su di lui mentre tornava a muoversi ondulando piano. Le mani di Scorpius abbassarono ulteriormente i suoi pantaloni e gli strinsero le natiche. James affondò contro di lui, amplificando lo strofinio tra le loro erezioni, e lasciò scivolare il proprio sesso nel solco tra le cosce dell’altro, realizzando confusamente che non avrebbe potuto evitare di venire troppo in fretta. Scorpius gli strinse la testa tra le mani, s’inarcò contro di lui e poi Fred parlò.
“James!” esclamò veemente da qualche parte nel bagno, verosimilmente dalla porta. Entrambi rimasero immobili col cuore in gola, sul pavimento. Non li poteva sentire, ma era lo stesso parecchio inquietante.
“Jim, sei qui? Malfoy? Porco cazzo, la cerimonia è tra due minuti e abbiamo perso tutt’e due i testimoni” esclamò ancora Fred ansiosamente all’indirizzo di qualcun altro, la voce che s’indeboliva perché doveva essersi voltato. Poi la porta si richiuse con forza.
James emise uno sbuffo rumoroso, abbassando la testa per poggiare la fronte sulla spalla di Malfoy, e lui ridacchiò scornato.
“Dobbiamo muoverci, Potter,” disse con il respiro ancora affannoso.
“Fantastico. È tutta colpa di Lorcan,” mugugnò lui con una smorfia, alzandosi a sedere. Quel matrimonio non l’aveva entusiasmato prima e continuava inarrestabilmente a peggiorare nella sua opinione. Si tirò comunque su i pantaloni, il più velocemente possibile, e cercò di non sembrare a disagio né imbarazzato. Malfoy stava facendo lo stesso con espressione neutra, tradito soltanto dalla respirazione e dal colorito non sufficientemente esangue.
“Alohomora,” mormorò poi questi aprendo la porta, intento a sistemarsi il colletto.
Sgusciò fuori per primo e James aspettò che gli segnalasse il via libera per affacciarsi a sua volta. Scorpius si stava lavando le mani con lo sguardo allo specchio, poi passò un paio di volte le dita fra i capelli e si stirò le maniche.
“Vado prima io,” annunciò tranquillo.
“Perché tu?” chiese James raddrizzandosi la cintura.
Scorpius lo guardò con un sorriso di scherno.
“Perché tu devi veramente fare qualcosa per quei capelli,” osservò neutro. James spostò subito lo sguardo sul proprio riflesso.
“Yeuch,” commentò sconfortato, osservando l’inguardabile casco di capelli ritto sulla sua testa come una criniera imbizzarrita.
“Mi Smaterializzo di sopra. A dopo,” annunciò Scorpius con un cenno spiccio.
“Asp…” lo trattenne James d’impulso, guadagnandosi un’occhiata interrogativa. Si leccò le labbra secche. “Noi…noi…”
Scorpius sbuffò.
“La cerimonia non durerà mica tutto il giorno,” osservò logico.
James annuì con un sorriso disteso, prima che lo Slytherin sparisse. Poi si puntò la bacchetta in testa e prese a salmodiare quel poco che conosceva in fatto d’incantesimi di capigliatura, sperando d’imbroccare qualcosa che migliorasse lo stato della sua. La porta si aprì un attimo dopo.
“James Sirius!”
L’interpellato sobbalzò di scatto, riconoscendo quella voce autoritaria. Si stava risistemando dopo una sessione di preliminari piuttosto accesa con un uomo, senza aver mai minimamente fatto alcun genere di coming out, ed ecco apparire sua madre. Tipico.
“M-mamma…”
“Ti stiamo cercando da un po’, sta per iniziare la cerimonia, muoviti!” intimò lei, afferrandolo per il braccio. “Oh, James, come fai ad avere già gli abiti tutti sgualciti,” sospirò ancora, sistemando alcune pieghe con un rapido colpo di bacchetta.
Poi lo scaraventò fuori dalla porta, Fred gli fu addosso in un istante, belando, e Lysander venne a condurlo dal fratello, mentre si diffondeva la voce che la sposa era pronta a fare la sua comparsa dopo aver recuperato il proprio testimone.
James temeva che Lorcan, già estremamente nervoso di suo, avesse vissuto la sua scomparsa momentanea come il colpo di grazia. Si aspettava perciò, un po’ inquieto, di trovarlo completamente isterico; fu quindi sorprendente arrivare da lui e costatare che era perfettamente calmo.
“Oh, ehm, Lorcan… Non ti sei preoccupato, vero?” chiese, poggiandogli la mano sull’avambraccio.
L’amico lo guardo trasognato, con solennità.
“Io no. Tutti gli altri sì, ma non io,” affermò lentamente.
Troppo calmo.
“Beh, magnifico. Temevo che fossi nervoso, sai,” ammise James, abituato com’era a dirgli tutto.
“No, no,” lo rassicurò Lorcan dignitosamente. “Questo è uno di quei momenti di quiete… Il respiro profondo prima del balzo.”
James aggrottò la fronte, con sospetto.
“Lorcan?”
“Sì?” chiese innocentemente l’amico.
“…Gandalf il Bianco.”
“Non so di che parli,” affermò subito lui.
“Sì, invece! L’hai guardato di nuovo, non avrei mai dovuto regalarti il lettore!” esclamò James incredulo. Doveva essere almeno la quindicesima volta che il suo migliore amico si vedeva la trilogia del Signore degli Anelli, un’assurda storia Muggle che avevano scoperto grazie a Ted e le sue tecnologie non magiche.
“Ma quel vecchio film è così fico!” si difese con foga Lorcan e gesticolò, la quiete completamente dimenticata. “Forse Vivian non mi permetterà mai più di usare diavolerie Muggle, e…” aggiunse in perfetta apnea.
“Lorcan…” James alzò la voce.
“…E io dovrò farlo di nascosto, rischiando la vita, e…” continuò l’amico, a sua volta aumentando il volume.
“Lorcan!”
“Il Monte Fato!”
Sbottarono entrambi con un tono simile all’urlo, poi si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere.
Era ora di sposarsi.
Quando James e Lorcan si furono sistemati al loro posto, ebbero appena il tempo di voltarsi perché la sposa facesse la sua gloriosa comparsa. James registrò contemporaneamente la sagoma di Scorpius che sgusciava lì accanto e si piazzava graziosamente al lato opposto, poi ci furono damigelle che facevano volare per aria i fiori, si diffusero le note di vecchia musica rock – le Stravagarie, se non andava errando – e Vivian scoppiò silenziosamente a ridere, rassegnata, mentre Lorcan la sottraeva dall’abbraccio del padre per improvvisare un casquet. James si rilassò e sorrise, verificando che quello era proprio tipicamente il matrimonio di Lorcan e che Vivian Nott Scamandro era una ragazza a posto. Molto a posto.
Il resto della cerimonia non fu né breve né interessante, almeno dal suo punto di vista. Sapendo benissimo che era una cosa odiosa ma giustificandosi col pensiero che il suo migliore amico doveva sapere benissimo che sarebbe successo, quando l’aveva scelto come testimone, James prese a dondolare visibilmente sui piedi dopo un paio di minuti. Scorpius rimase immobile e impettito per quasi un quarto d’ora, mentre lui già si stava guardando intorno annoiato, ma poi ebbe un momento di cedimento e gli sfuggì un leggero sbadiglio. James sgranò gli occhi nella sua direzione, con scherno, e gli arrivò per risposta un’occhiata sdegnosa. Replicò con una smorfia saputa e Scorpius gli piazzò un sorrisetto di sufficienza. Indignato, gli rivolse uno ben carico sguardo assassino, che si meritò nient’altro che un’occhiatina sprezzante, allora cambiò tattica e si concesse un’occhiata pigra sulla zona inguinale di Scorpius, concludendola con una smorfia di scarso entusiasmo. Scorpius reagì con un blando gesto condiscendente del capo, che James gli rimandò indietro con altrettanta indulgenza, un’ultima occhiata verso il basso. Lo sguardo di Scorpius prese a farsi vagamente glaciale.
“Stavate litigando,” gli borbottò Albus torvo non appena la cerimonia fu conclusa, mentre si dirigevano a tavola per la cena.
“Chi?” chiese James senza capire.
“Tu e Scorpius,” rispose Albus.
“Quando?” domandò lui scettico, pronto a inventarsi qualche arzigogolata scusa per motivare il ritardo contemporaneo suo e di Malfoy.
“Adesso,” rispose invece Albus, spiazzandolo.
“Ma se non abbiamo aperto bocca!” protestò James perplesso.
Albus sbuffò rassegnato.
“Non ce n’è stato bisogno. Le occhiate che vi siete lanciati erano più eloquenti di un fuoco incrociato di fatture.”
James non rispose, scuotendo le spalle, ma fu ben felice di realizzare che il suo fratellino era sì abbastanza geniale da cogliere quel genere di dettagli, ma non abbastanza da capire che oltre a un po’ di sano bisticcio, nascondevano anche una voglia mostruosa di fare sesso.
Voglia che si riuscì a contenere per altri dodici minuti, il tempo necessario perché tutti gli invitati si sedessero e la prima portata fosse servita: Scorpius aspettò a malapena che gli venisse piazzato il piatto davanti per annunciare a voce alta e chiara a tutto il loro tavolo – fratelli, testimoni e parenti stretti – che andava di sopra “a sistemare un paio di cose”, parafrasi che tutti interpretarono come “a preparare il mio regalo”. Tutti tranne James, che riuscì a trattenersi giusto due minuti – spazzolando via il contenuto del piatto - prima di farfugliare una frase a caso sull’aver dimenticato qualcosa – altra parafrasi che fu interpretata in modo analogo – e defilarsi verso il corridoio che dava sulle scale per il piano di sopra, dove era sparito Scorpius. Prese qualche lungo respiro dicendosi che doveva rimanere molto calmo e non perdere il controllo, se non voleva finire ancora prima di aver iniziato.
Rientrò nel camerino in cui aveva aiutato Lorcan a prepararsi trovandolo vuoto, e riconobbe quello di Vivian, altrettanto deserto, dal profumo di violetta che aleggiava nell’aria. Infine imboccò la porta in fondo e ci scoprì un salottino semibuio arredato in modo antiquato. Sulla poltrona di fianco alla finestra c’era Scorpius con il mento poggiato sul dorso della mano e lo sguardo già fisso su di lui.
Gli sorrise automaticamente e si avvicinò con passo che si fece mano deciso al diminuire della distanza. Quando gli fu davanti, si fermò.
“Allora…” bofonchiò.
Scorpius lo guardò come aspettando.
“Non è granché come frase d’esordio,” costatò poi, pensoso.
James ridacchiò piano e si abbassò piegando le ginocchia, fino ad avere la testa alla sua stessa altezza.
“Sei proprio uno stronzo, tu,” osservò sottovoce.
“…Non stai migliorando le cose…” gli fece notare Scorpius prima che un bacio lo zittisse. Lo lasciò fare e James gli salì cavalcioni, sulla poltrona scomodissima e con un bracciolo conficcato nella tibia. Pazienza.
“Ho voglia,” mormorò sulle sue labbra, mentre sentiva risalire lungo i nervi tutta l’eccitazione di poco prima. Scorpius gli prese le mani, che lui aveva appoggiato tra il suo collo e il viso, e le abbassò abbandonandole dalle parti del proprio ombelico. Per James fu un invito sufficiente da lanciarsi in un nuovo attacco dei suoi pantaloni, sbottonandoli velocemente. Si dovette raddrizzare per riuscirci e il bracciolo puntato sul suo osso gli strappò una smorfia.
“Levati da lì,” mormorò Scorpius.
“Ti voglio stare addosso.”
Lo Slytherin sembrò pensarci per un secondo, lo baciò nuovamente e si diede lo slancio per alzarsi in piedi. James finì gambe all’aria e atterrò di schiena sul pavimento, ma non gli rimase nemmeno il tempo per protestare prima che Scorpius lo imitasse lasciandosi andare su di lui.
“Ma sei cretino,” bofonchiò comunque.
Scorpius rise piano, allungato tra le sue gambe, e James le piegò allacciandogliele intorno per bloccarlo. Erano gli adduttori di uno che passava la giornata a volare a testa in giù senza staccare le gambe dalla scopa, e liberarsi di lì non sarebbe stato molto facile. Scorpius lo sapeva e sorrise lasciandosi baciare e poi rovesciare indietro, supino. Strinse a sua volta il torace di James e approfondì il bacio. Il groviglio di gambe e braccia diventò velocemente frenetico e ondeggiante, finché gli abiti non presero a volare in giro come se fossero implosi. Scorpius ebbe un ultimo attimo di lucidità e lanciò un incantesimo sulla porta, poi la testa di James s’infilò di nuovo tra le sue gambe e la bacchetta gli rotolò per terra.
Finalmente non c’era più un centimetro di stoffa nei dintorni e James se la godette tutta, la sensazione, strofinandosi con tutta la pelle contro il corpo di Scorpius e percorrendolo dove capitava con le labbra, le dita, la lingua. Quando le mani di Scorpius ritrovarono la sua erezione capì che, calma o meno, quella non sarebbe sicuramente stata la performance più lunga della sua vita, né la più impressionante. Ebbe un istante d’angoscia nel realizzare che non poteva farci niente, poi lo Slytherin si degnò di ricambiare il favore e abbassarsi sul suo inguine. James rovesciò la testa indietro con un ansito convulso e chiuse gli occhi, inarcando la schiena con una scossa. Voleva prendere Scorpius, tirarselo addosso così com’era, con la testa laggiù, e leccarlo a sua volta, ma rischiava di venire solo a pensarci. Aveva voglia di fargli tutte le peggiori schifezze che gli erano state negate in due anni, ma era talmente eccitato che rischiava di venire se solo si muoveva. Lo sentiva nella bocca dello stomaco, nel battito cardiaco frenetico.
Quando Scorpius si staccò dal suo sesso e lo riprese in bocca quasi per intero James s’inarcò di scatto, con un gemito più forte, e lo staccò da sé di scatto cercando di trattenersi. Respirò forte per qualche secondo – papà col grembiule da cucina, Harry Potter in tenuta da casalingo, molto bene, calma, respira – e quando Scorpius gli si trascinò addosso e gli prese tra i denti il lobo dell’orecchio James, nonostante i brividi, era riuscito a frenarsi.
“Che?” mormorò Scorpius.
James abbandonò la testa indietro.
“Non ce la faccio,” farfugliò.
“Nemmeno io.”
E se le cercava, perciò James si raddrizzò e lo spintonò per terra, infilandosi in mezzo alle sue gambe, e Scorpius biascicò qualcosa sulla tasca dei suoi vestiti mentre James si spingeva su di lui, la tasca dei vestiti, e c’era dentro del burro.
“Burro?”
“L’ho preso a tavola,” spiegò Scorpius sbrigativo, sollevandosi per baciarlo di nuovo.
Ottimo col burro, si disse James ungendovi le dita abbondantemente. Chiuse gli occhi in un ultimo sforzo di calma e spinse un dito in Scorpius, lentamente, osservando quasi trasognato il modo in cui s’irrigidiva e si mordeva le labbra, e in cui poi sussultava appena nell’abituarsi ai suoi movimenti, socchiudendo gli occhi. Il secondo dito, lo stesso modo di ficcarsi i denti nel labbro e un gemito leggerissimo, una smorfia come una scarica. Il terzo dito, un sussulto più marcato, James si piegò avanti a baciarlo nello stesso momento in cui Scorpius emetteva un lamento più chiaro e lo zittì, estraendo le dita e sostituendole col proprio sesso. Nel forzare l’apertura ebbe una vertigine che gli spezzò il respiro e cercò lo sguardo di Scorpius per trovarvi la stessa luce annientata insieme all’ombra del dolore. Si mosse piano, entrando impercettibilmente e annaspando senza fiato per ogni millimetro di carne che si faceva strada in quel tepore umido. Gli si torceva lo stomaco ed era quasi violento.
A metà dovette afferrarsi al viso di Scorpius, ai suoi capelli, per cercarlo di nuovo e trovare ancora lo stesso smarrimento anche sul suo viso. Allora entrò con un solo movimento secco, socchiuse le labbra come mimando il suo gemito di dolore e assaporò la botta di adrenalina che lo sparava in aria e lo affondava dentro Scorpius. Si rimosse dopo qualche altro secondo, incerto, e con mano malferma tornò a cercare l’erezione di Scorpius, avvolgendola tra le dita. Diede una spinta più decisa e Scorpius si lasciò scappare un gemito, alla seconda il suono sembrò meno forzato. James aveva un’unica cosa nei nervi ed era il bisogno di spingere forte e arrivare dappertutto dentro di lui ma cercò per qualche altro secondo di usare una certa cautela.
Poi la mano di Scorpius si strinse sulla sua per guidarne il movimento, e James prese a muoversi dentro di lui con quello stesso ritmo, reggendosi sul braccio libero. Sentì salire l’orgasmo lentamente, in una crescita languida e sempre più assoluta finché non ebbe bisogno di spingere forte, di sbattere la pelle contro quella di Scorpius e scuoterlo, più forte e più forte e più forte fin quando non gli tremò tutto il corpo e le sue labbra si aprirono in un lamento lungo, denso e incespicante. Si accorse confusamente che in un qualche momento anche Scorpius veniva ma tutta la sua percezione era lì, nel brivido lungo tutti i suoi muscoli fino al cervello, nel tepore del corpo sotto le sue dita.
Riuscì a inspirare solo dopo lunghi secondi, accasciandosi sul corpo dell’altro. Respirò forte contro la sua faccia, ancora aggrappato al fianco di lui e tutto storto. Che bello, voleva dire, ma era una cosa troppo banale ed era difficile non sembrare stupidi nel dire qualcosa di tanto scontato a una persona così intelligente.
Poi Scorpius prese un respiro lungo e affaticato, voltandosi a guardarlo. James gli tolse i capelli dagli occhi con un gesto istintivo e Scorpius sorrise baciandolo.
“Che bello,” mormorò, e a James venne da ridere pensando che riusciva comunque a farlo sentire idiota, ma sempre nella maniera più gradevole tra quelle possibili. Forse era la ragione per cui gli piaceva tanto. Da ragazzino lo odiava, ma probabilmente era perché lo adorava già.
“Dobbiamo scendere,” osservò Scorpius senza entusiasmo.
James sbuffò, annuendo.
“Il tuo regalo?” s’informò.
“Arriverà più tardi per via aerea,” rispose Scorpius soddisfatto. “Il tuo?”
“Esploderà nel salone tra un paio d’ore,” sogghignò James, spinto a sedere suo malgrado. Recuperò controvoglia quel che gli capitava sottomano dei suoi vestiti, inebetito, liberato. Osservò Scorpius vestirsi lentamente, molto meno preciso del solito, e già lo Slytherin si stava infilando le scarpe quando gli fermò la mano e lo guardò in faccia.
“Voglio che ricominciamo a vederci,” affermò aggrottando la fronte. “Possiamo continuare a non parlarne a nessuno, anzi dovremmo, ma…” s’interruppe, incerto.
Scorpius lo guardò in silenzio per un paio di secondi, liberò gentilmente il braccio e finì di allacciarsi la scarpa.
“La fai facile,” osservò piatto.
James aggrottò la fronte.
“In che senso?”
Scorpius scrollò le spalle, vago.
“Non so. Potrei avere qualcun altro o semplicemente non essere interessato,” spiegò, logico.
James deglutì un groppo che pungeva.
“Non hai nessuno,” lo contraddisse con foga. “Al me l’avrebbe detto,” aggiunse, per risposta alla sua occhiata interrogativa. “Ma va bene, ho capito,” concluse poi, alzandosi per cercare uno stivale disperso.
Sentì che Scorpius lo continuava a osservare mentre si muoveva per la stanza ma si rifiutò di tornare a guardarlo. S’infilò il pezzo mancante, strinse bene i lacci e si raddrizzò appiattendosi i capelli.
“Potter,” lo riscosse Scorpius. James si girò molto malvolentieri, scoprendolo lì in piedi a un passo da lui. “Se succede di nuovo che ti dimentichi di avermi invitato e quando arrivo a casa tua ti trovo con un altro… Ti prometto che ti uccido. Sul serio, ti ammazzo.”
Non era né scherzoso né eccessivamente enfatico. Aveva pronunciato quelle parole con molta calma, guardandolo negli occhi con la fronte a malapena aggrottata, e James comprese che probabilmente era vero.
“Non succederà mai più niente di simile,” rispose con lo stesso tono di voce, e poi sorrise. “Adesso scusami, ho da fare, c’è il matrimonio del mio migliore amico… Ma è stato fantastico. Mi faccio vivo io, d’accordo?” ciarlò scherzoso, con fare di circostanza.
Scorpius gli mollò una plebeissima pedata, prima di strattonarlo con un ultimo bacio.



"Il casino che riescono a combinare certi coglioni che si inguaiano per amore, è roba da non crederci."
(Mark Renton - Trainspotting)
"


Edited by suni - 31/12/2011, 14:29
 
Top
0 replies since 30/12/2011, 11:51   172 views
  Share